Sguardi languidi d'occhi arrossati si perdono nello stupore che strattona radici medicinali, incrostandole di ricordi pronti a vaporizzarsi.
O s'accontenano d'un giudizio ipocrita per sgombrare la mente da epiteti iridescenti, che, come il caledoiscopio degli atteggiamenti, spingono carichi pesanti verso opportunitá di sopravvivenza e catture di traumi incipienti.
Ghettizzano la speranza, per ingabbiarla dove, aguzzini di vetro, stipano bestie vittime della lealtá dichiarata ad ideali eretti su piattaforme dissestate.
Paradossalmente, é proprio dal processo lento che arrugginisce ingranaggi per non trasformarli in inesorabili frammenti, che scaturisce la rivoluzione sfaccettata per riappropriarsi di documenti faticosi e stanchi, di lezioni frettolosamente visionate al microscopio, mentre echeggiano suoni prolungati dalle assenze, e scorrono, impregnandosi d'inganni, pressanti malinconie.
La fanghiglia esala profumi per ricoprire di vischiosa essenza corpi spogliati dalla smaniosa incredulitá che, braccia protese al vento, richiamano dal giro di giostra, che libera il passo dall'eco affannoso di chi non sa come perdonarsi.
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