Se scappiamo, ci rincorre, ignorandolo, favoriamo l'eventualitá di venirne sopraffatti.
Neppure nei vapori d'una grotta, sotto i legni contorti del bosco incantato, o appiattendoci sui fondali spazzolati dagli abissi, é possibile sfuggire all'impatto dei suoi passi incalzanti.
Per sopravvivergli, chiniamoci a mangiare dal piatto della sua fame, schivando detriti consumati, ripagando la schiavitú che produce, con abbracci donati a sogni e speranze di salvezza, ignorando squilibri sofferenti, quando il battito esplode da ginocchia contro il petto, e dipinti di parole addormentate s'originano in spazi umili e forti.
Opprime l'asfalto che non riflette l'umore dei cieli, ma momenti d'amore s'avvinghiano a profumi di respiri viventi, rimbombando su cespugli di catene ed abiti spogliati, e, dalle gabbie del dolore, fiati asfissianti seminano schiocchi d'acqua cristallina e succo immenso, che timonieri arditi portano a passeggio risalendo fiumi turbolenti come il pianto che rifugge lo sguardo dello specchio sorridente.
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