Gli sgoccioli ticchettanti degli ultimi istanti del giorno, prima d'allontanarsi per sempre, deambulano in tondo, forse smarriti o solo un po' perplessi, soffermandosi ad ammirare l'effetto di quei colori con cui hanno appena riverniciato il mondo.
Ma, soltanto quando, scandalosamente, i pigmenti rivelano forme e sguardi incuranti d'ogni decenza, si rende necessario soffocarli, per poi poterli rivestire con lo scuro pulsare della notte.
L'oscuramento s'accompagna con sospiri profondi, mentre i diversi colori si cancellano uno alla volta, senza che sia necessaria alcuna violenza.
Si tratta d'un meccanismo naturale di progressiva eutanasia, che pur conserva in sé, ben evidente, la matrice della vita.
Le onde del mare, allora, deglutiscono le ultime scintille di cui fuligini infuocate si sbarazzano per scappare a gambe levate, si spogliano della docile dolcezza d'un vestitino svolazzante, per calarsi nel brontolio esausto d'un manto impenetrabile.
Agli incroci delle strade compare il noioso bagliore della luce elettrica, ma, sulla schiena arcuata di fondali immensi, miriadi di balene scivolano al buio, incuranti di brontolii e richiami.
Alcune, prima d'immergersi, c'avevano guardato, mescolando un nome o due alla voce roca dei flutti.
Qualcuno di noi s'impegnó vanamente a richiamarle indietro, articolando poche vocali soffocate, e gesticolando al vento, prima che l'ombra bituminosa, ricoprendo anche l'orizzonte, cancellasse ogni desiderio di riscossa.
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