Ingelosisce sognare valigie di cartone, tramonti visti da finestrini in movimento o sapori di grano maturato fuori stagione.
Si diventa rancidi affidandosi a fiumi di memorie senza storia, incoraggiando le incertezze intriganti di chi assaggia amarezze per dimostrarsi indulgente e saggio.
Nel terremoto della mente che s'appoggia a ombre sbiadite nel silenzio d'un bicchiere, sogni di solitudine aperta all'indisciplina dei venti, e minestre insipide, si stemperano per evitare labirinti soffocati d'abbracci, trappole della fatica di vivere.
Per cancellare la vergogna d'opporsi al coraggio, si finisce per valorizzare l'astuzia d'un paio di stivali irrequieti.
Ma, assieme al chiarore che nuvole sudate emanano fingendo che sia invenzione d'un giorno di festa, il sacrificio costruito per invitare a preghiere minate d'emozione e d'inerte oblio, s'appende a fili fragili e sottili.
Come campane che accolgano l'arrivo della notte, s'ammalano le ali di legno che la polvere non toccano.
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