giovedì 17 maggio 2012

MAICUPIO .









Il turismo mondiale ha fatto di Machu Picchu una delle sue attrazioni piú visitate .
Anche chi non vi é stato , sa che i resti archelogici di quella cittá Incaica , costruita sullla cima d'una montagna Andina , risalgono al periodo Pre-Colombiano .
Si pensa che venne abbandonata ai tempi della conquista Spagnola del Sud America e , quindi , cessó d'esistere come centro fondamentale della Cultura Inca e del suo ordinamento politico-sociale .
Per secoli - fino al 1911 - la sua presenza fu un segreto gelosamente mantenuto dalle popolazioni Quechua della zona .
Si cercó di scoraggiarne l'accesso agli Occidentali , anche dopo che , ad uno Storico Americano , Hiram Bingham , capitó d'imbattersi in vestigia , di cui solo vagamente sospettava l'esistenza  .
Oggi s'attribuisce a lui il merito d'una straordinaria scoperta archeologica , che , per chi ci viveva accanto da secoli , non costituí la minima sorpresa .
Invece di farsi fotografare in pose curiose da turisti in cerca d'un po' di Folklore , o di cercare di vendere loro qualche falsa statuetta d'un Dio Inca , come succede ora , due secoli fá , i bambini piú piccoli di Potintero , passavano tutti i pomeriggi a rincorrersi tra i massi del Machu Picchu .
Poi , all'imbrunire , ritornavano alle capanne del loro minuscolo villaggio , aggrappato alla riva sinistra del fiume che percorre la vallata , l'Urubamba .
Agli adulti di quel luogo impervio non serviva l'aiuto dei loro figli nelle campagne , data la scarsitá di terreno coltivabile .
Avrebbero gradito un appoggio durante le attivitá di pesca , ma si rassegnavano a fare da soli , piuttosto che sopportare una chiassosa confusione , che avrebbe spaventato ed allontanato i pesci .
Cosí  i bambini , dopo aver assecondato le madri , e collaborato alle incombenze domestiche nella mattinata , trangugiavano un pasto affrettato , spesso costituito da qualche tubero bollito ed un frutto di stagione , e venivano incoraggiati ad andarsene lontano , su per la montagna , dove non avrebbero disturbato nessuno .
Ai primi del '700 , in quel luogo esistevano una decina di capanne , ed un edificio centrale , adibito ad uso comune .
Ora lí passano i binari della ferrovia , che ha cancellato qualsiasi insediamento abitazionale , alterando anche l'equilibrio ecologico della vallata .
In quella casupola piú grande , avvenivano , di solito , i parti piú laboriosi , quelli che potevano presentare complicazioni e seri rischi di salute ..
Se necessario , l'intera comunitá vi partecipava , ognuno assisteva ed alleviava come poteva .
Il protagonista di questo racconto , del quale tra breve vi sveleró il nome , nacque , invece , prima del previsto , sul masso levigato utilizzato , spesso , come base per squamare il pesce ancor vivo .
Se , alla sua mamma , la parola Maicu ( " Aquila ", nella lingua Quechua ) , oltre a ricordare la memoria d'un antenato , suggeriva il significato simbolico che si puó immaginare , al papá , piú pragmatico e materialista , Maiqui ( " Albero " ) sembrava un nome piú prestigioso .
Per un genitore - soprattutto se maschio - vedere il proprio figlio - soprattutto se maschio - arrampicarsi tra i rami , come una scimmia , costituiva motivo di grande orgoglio , a quei tempi .
Dopo una lunga ed accesa discussione , durante la quale nessuna delle due parti nemmeno consideró gli argomenti dell'altra , si decise di forgiare un nuovo termine , che racchiudesse il concetto di Aquila e di Albero .
E , cosí , per la prima volta , qualcuno venne chiamato Maicuipio .
Possedere un nome singolare non garantísce una vita facile , peró .
Lui , nei primi anni di vita , dovette confrontarsi con grandi difficoltá respiratorie che , oltre a farlo soffrire durante frequenti attacchi d'asma , ne ritardarono lo sviluppo corporeo .
Raggiunse faticosamente i 5 anni ed , a quell'etá , l'aspetto , gracile e minuto , lo rese inviso ai coetanei .
Spesso febbricitante ed inappetente , era considerato come il bambino piú malato del villaggio .
Si temeva che potesse essere infettivo .
Non venne mai dichiaratamente osteggiato , ma capí presto di non aspettarsi d'essere ricercato come compagno di giochi .
Cosí s'adattó a crescere solitario , scegliendo di appartarsi in quei luoghi , che , agli altri bambini , non sembravano interessare .
Un giorno , durante un'escursione , per schivare un sasso lanciatogli contro , da chi gli intimava di allontanarsi dal sentiero roccioso che porta al Machu Picchu , Maicupio incespiscó .
Riuscí a proteggersi il viso cadendo , ma subí molteplici fratture ad entrambe le braccia ed alla caviglia sinistra .
Non fu possibile ripristinargli l'uso della mano destra e , d'allora , dovette sempre far uso d'un bastone , a cui appoggiarsi per camminare .
Potete capire come limitazioni di quel genere fossero molto crudeli per un bambino , che avrebbe voluto muoversi , come vedeva fare ai coetani che , apparentemente senza sforzo e con inesuaribile energia , si divertivano a rincorrersi dappertutto .
Indubbiamente Maicupio si sentí emarginare , e si chiese come superare una situazione tanto difficile .
Pianse qualche lacrima , ma , prima che che la malinconia prevalesse , si scosse , anche per evitare le continue derisioni , di cui si sentiva oggetto al villaggio .
Prese la decisione di andare tutti i pomeriggi al Machu Picchu , esattamente come facevano gli altri bambini del villaggio .
Scelse , cosí , d'essere uguale a loro , per dimostrare a sé stesso d'essere diverso .
Il sentiero che s'ínerpica fino alla vetta , e che puó essere percorso di corsa in una mezzoretta , per lui rappresentó sempre un'impresa quasi sovra-umana .
Ma sempre arrivó a destinazione , anche se , spesso , quando gli altri , ormai stufi di giocare e disinteressati ad altri passatempi , s'accingevano a ri-discendere .
Si sceglieva un posto che gli permettesse d'essere da solo , anche mentre le grida altrui sembravano soverchiare i suoi pensieri .
Tra i resti piú elevati della muraglia , che non era servita a quell'antica cittá per difendersi da sé stessa , Maicupio aveva incontrato una grossa pietra su cui sedersi .
Da lí osservava in basso , cercando di scorgere dettagli d'una vita lontana , alla quale si chiedeva se fosse giusto continuare ad appartenere .
E , quando i suoi occhi spaziavano verso l'alto , in cerca di nubi o del volo d'un condor , capiva come tutti i suoi dubbi sarebbero presto scomparsi .
Poi , appena i sintomi di stanchezza , derivanti dalla salita , s'attenuavano , si rimetteva in piedi .
Non potendo di certo correre , od invitare qualcuno a trasportarlo in giro , si trascinava lentamente , per pochi metri alla volta , prima di doversi riposare di nuovo .
Ma quei passi faticosi costituivano una conquista inestimabile , che solo a lui era destinata .
Lí , tra i sassi , lui non vedeva solo sassi .
Scorgeva , distintamente , quello che nessun'altro poteva vedere .
Molti individui , un intero popolo che si credeva estinto , una comunitá di anime ancora laboriosa , che mai aveva abbandonato quel luogo .
Lui parlava loro , e si sentiva rispondere nella stessa lingua .
A chi gli apparisse accanto , chiedeva il perché di tutto quello che lo preoccupava .
Riceveva risposte dolci e suadenti , che , tranquillizzandolo , gli suggerivano ulteriori domande .
Tutti i giorni , fino a che raggiunse l'etá adulta , trascorse ore felici lassú , diventando sempre piú  parte d'una struttura , che nessun'altro occhio umano poteva scorgere .
Non mi sorprende che , ad un certo punto , abbia deciso di non ritornare piú al villaggio .
I suoi genitori e gli altri abitanti di Potintero vollero credere ad una " disgrazia " .
Decisero che fosse caduto in una scarpata , e che il suo corpo non potesse essere ritrovato .
Per loro , ammettere che Maicupio si fosse soltanto tornato invisibile , sarebbe stato molto piú semplice .




    
  
     

1 commento:

Rafa ha detto...

Wow bel racconto davvero :)